Remote Working, Quarantine Working o Smart Working?

Remote Working, Quarantine Working o Smart Working?

“In una rivoluzione si vince o si muore” diceva Che Guevara, e il concetto ben si applica alla riorganizzazione, spesso catastrofica, dei processi di lavoro negli uffici post COVID-19. Dal palco virtuale della Milano Digital Week, quest’anno in forma veramente digitale, Marco Ceresa (AD Randstad Italia), Marco De Rossi (AD WESchool) ribadiscono il fatto che dallo smart working non si tornerà indietro, il cambiamento in atto ricorda l’introduzione nel passato dei pc in ufficio, le e-mail, i CAD in ufficio tecnico. Il periodo di lockdown e distanziamento è infatti sufficientemente lungo per “installare” le nuove abitudini: siamo in presenza di un “salto”, un cambio di paradigma nei valori e nelle competenze, abilitato dalle tecnologie digitali e forzato dal COVID-19.

Da una ricerca fatta da Kaizen Institute Consulting Group a livello globale più della metà delle aziende che stanno utilizzando sistemi di remote working riscontra un peggioramento delle performance. Questo dato è particolarmente significativo per la grande quantità di lavoro spostata in remote working: il 64% delle aziende ha almeno un quarto delle persone attive da remoto. Una vera rivoluzione. Come vincerla? Ne parliamo in questo articolo.

  

Il 54% delle aziende ha piu’ di ¼ di persone al lavoro da casa ma il 57% vede una riduzione della produttività. Un cluster particolare invece  vede un aumento della produttività .

 Lo scenario attuale di passaggio da “fase 1” a “fase 2” suggerisce un cambiamento nella gestione della crisi: da emergenza a convivenza. Sembra infatti che per i prossimi 12-24 mesi dovremmo modificare le nostre abitudini di vita e lavoro per riuscire a proseguire sulla strada del contenimento contagi, pur continuando a vivere e lavorare. La situazione che stiamo vivendo in questi giorni deve dunque tornare sostenibile e garantire l’efficienza del lavoro svolto nella nuova modalità per un periodo prolungato. Il dubbio che sta attraversando gran parte delle organizzazioni è se questo sia possibile oppure se dovremmo arrenderci ad un consistente calo di produttività. La buona notizia è che l’opinione delle organizzazioni che erano già preparate ed attive nello smart working prima della crisi è di un forte aumento di produttività dovuto proprio all’accelerazione forzata imposta dalle misure restrittive.

Anche la didattica a tutti i livelli è in corso di profonda trasformazione: non basta dotarsi di un computer connesso per ri-creare la magia dell’insegnamento e del rapporto maestro-allievo. La sfida della didattica digitale non è solo trasferire la formazione frontale da remoto, ma costruire un’esperienza di apprendimento divertente, immediato, ed attraente. Stiamo vivendo in un mondo dove si continua a studiare ed imparare per tutta la vita. Dal punto di vista dei docenti, non si tratta dunque di imparare a fare coding, ma di costruire partecipazione attiva  per allenarsi alla ricerca sul web, alla gestione dell’overload informativo, al progetto di una parte di lezione. La formazione dei docenti deve dunque mirare ad innovare il modo di insegnare la didattica ordinaria: Leopardi e le derivate.

Come possiamo spiegarci questa dicotomia di posizioni tra che ritiene peggiorativo e chi ritiene migliorativo il lavoro a distanza? La risposta sembra essere nella capacità di organizzare un nuovo flusso di lavoro (smart working appunto) e non di adattare il vecchio ai nuovi strumenti (remote working).

 

 

Smart working o remote working?

La differenza tra due concetti apparentemente simili sta nella capacità di organizzare il flusso globale in modo efficiente e non limitarsi a “remotare” fasi di lavoro. Questa considerazione ci riporta al primo principio kaizen: per essere sostenibile il miglioramento deve essere globale, non locale. La tentazione di accelerare la trasformazione porta spesso ad investire in soluzioni parziali (es. un nuovo software) nel tentativo di risolvere problemi puntuali mano a mano che si individuano. Questo approccio provoca una distorsione, prediligendo l’efficienza di singole risorse sull’efficienza dell’intero flusso: è inutile installare un software all’ultima moda se non è sostenuto da processi di lavoro chiari e “muda free”.

 

 

Come si può intuire, per costruire un processo di smart working dobbiamo far evolvere il flusso di lavoro globalmente. Lo scenario attuale in fase di convivenza con il virus, prevede che per rispondere ai requisiti di sicurezza e distanziamento il personale presente fisicamente in ufficio debba diminuire ad 1/3 con impatto evidente sugli spazi degli immobili. Questo scenario si caratterizza per la presenza fisica a rotazione e lo stato permanente di interazione tra persone fisicamente vicine e persone presenti da remoto.

Se prima il centro della interazione era tra le persone presenti in ufficio e chi si trovava da remoto era ai margini, adesso chi si trova da remoto è il centro.

 

 

Guardando al futuro il disegno organizzativo dovrà mirare a “remote first”, ovvero il collegamento remoto non è più un’alternativa “second best” al faccia a faccia ma diverrà la normalità. Questo vuol dire che anche i sistemi di comunicazione dovranno evolvere verso una user experience  audio e video di livello superiore.

I pilastri che reggono il nuovo modo di essere efficienti sono 2:

  1. Modello Operativo Smart
  2. Nuovi spazi

  

Per approfondire questi temi abbiamo raccolto le esperienze di alcune aziende italiane, diverse per dimensione, settore e maturità nel processo di trasformazione “smart”. Vogliamo così offrire uno sguardo ampio sul tema e mettere in comune esperienze e best practices di questo cambiamento che ci porterà a migliorare le performance industriali, costruendo la cultura del miglioramento continuo (il vero obiettivo di kaizen).

 

Francesco Tutino, Head of IVECO HR racconta la sua esperienza che parte da lontano. Lo smart working è cominciato nel 2017 come esperimento su base volontaria per alcune categorie di lavoratori basati a Torino. Il protocollo prevedeva un giorno a settimana da concordare con il proprio responsabile ed appositi spazi (“conf locations”) da utilizzare su prenotazione in alternativa al lavoro da casa. Il grande successo di adesione e di risultati ha portato una progressiva estensione del modello utilizzando uno schema “a cerchi concentrici” nelle diverse sedi italiane ed estere. La crisi COVID ha accelerato l’estensione del modello anche verso le figure di alcune figure operanti presso gli stabilimenti produttivi la cui mansione rendesse possibile lo svolgimento della prestazione da remoto.

IVECO

Azienda automotive tra le più grandi nel panorama economico italiano

>5000 collaboratori in Italia

6 tra stabilimenti e centri ricerca in Italia

  

Laura Lembi, Country HR Head Italy di Continental Corporation coordina la smart transformation sin dall’inizio, nel 2018, e proprio i siti italiani sono tra le locations d’avanguardia nel mondo. Dopo essere partiti dall’R&D lo smart working si è rapidamente diffuso anche in area produttiva, rendendo possibile coordinare ed eseguire da remoto tutti i lavori di supporto alla produzione e di reportistica per la Corporate.

CONTINENTAL CORPORATION

Multinazionale del settore automotive

4 tra stabilimenti e centri ricerca in italia

> 2000 collaboratori in Italia

 

Alessandro Selmi, Business Operations & Payroll Director presso Randstad Italia è gia da tempo attivo nel riconfigurare i processi di smart working nella sede centrale, tanto che negli obiettivi di quest’anno ne era già previsto il raddoppio del tempo, ma naturalmente questa condizione ha accelerato i tempi e l’estensione. La principale differenza rispetto al periodo precedente è la proporzione di persone al lavoro da remoto. Se prima la riunione si teneva principalmente “in presenza” con qualche persona collegata da remoto (spesso un po’ trascurata dagli altri), oggi la sfida è far sentire centrali le persone non presenti, visto che sono e saranno la maggior parte. Per quanto riguarda le nostre filiali il cambiamento è ancora più profondo: il lavoro va reinventato, vista la particolare importanza dell’interazione con i candidati e la necessaria presenza sul territorio, e noi stiamo dando un forte supporto alle persone sul campo.

RANDSTAD ITALIA

Multinazionale attiva nella selezione di figure professionali e nei servizi complementari.

300 filiali in Italia

>2000 collaboratori in Italia

 

Laura Dalla Vecchia, imprenditrice di Polidoro Spa e Vicepresidente di Confindustria Vicenza, è da tempo attiva sul fronte dell’innovazione sia nella sua azienda sia supportando altre aziende del territorio. Lo smart working è stata è stato una necessità improvvisa, subito trasformata in un percorso di cambiamento profondo della sua organizzazione, coerente con le trasformazioni e l’internazionalizzazione già in atto da tempo. Per stimolare la creatività nell’affrontare i nuovi problemi portati dalla situazione attuale ha candidato la propria organizzazione ad essere anche un laboratorio per nuove soluzioni di riconfigurazione del lavoro e migliorare integrazione del lavoro smart con la vita personale dei suoi collaboratori.

POLIDORO

“Multinazionale tascabile” italiana specializzata nello sviluppo e produzione di bruciatori.

>200 collaboratori in Italia

1 Sede principale a Schio (VI), ma con stabilimenti anche in Turchia e Cina (prossimamente negli Stati Uniti).

  

Ivan Russo, professore di Economia e Gestione delle Imprese dell’Università di Verona, condivide con noi la sua personale esperienza. “L’Università di Verona si è riorganizzata molto velocemente a una didattica telematica grazie alle infrastrutture informatiche già presenti; un investimento immaginato su un arco temporale più lungo che si è dimostrato decisivo in questo frangente, l’emergenza ha accelerato un percorso di sviluppo e adattamento indispensabile ora per garantire sicurezza e continuità alle nostre attività per gli studenti. Rilevante per il nostro lavoro è stato anche trovare un percorso di adattamento per le nostre attività di ricerca e collaborazione progettuale con le imprese; mi è servito molto condividere in questo frangente problemi e soluzioni con diversi managers, in particolare adattare soluzioni pensate per scopi molto diversi diventano smart per gestire la remotizzazione dei processi e i servizi logistici di prossimità.

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI VERONA

72° posto del World University Ranking tra le università tra gli atenei con meno di 50 anni di storia, 3° posto tra le italiane.

>22000 studenti

>1500 tra docenti, ricercatori e personale tecnico-amministrativo

 

Modello Operativo smart

Il successo della trasformazione digitale non risiede in un unico elemento ma in un Modello Operativo composta da Processi, Organizzazione, IC&T, Sistemi di Gestione. Da dove partire?

Il primo passo importante riconosciuto da tutti i nostri interlocutori è la necessità di partire dal gemba, cioè dal lavoro. Il gemba di un ufficio è spesso meno osservabile di quello produttivo: l’efficacia del lavoro svolto dipende poco dal layout fisico degli oggetti (al contrario della produzione) e la maggior parte delle attività sono svolte su carta, su uno o più software, e richiedono un’interazione costante (a volte disordinata) tra le persone. Molte volte nella nostra storia di Kaizen Institute, iniziando a collaborare con una nuova azienda abbiamo trovato tentativi di organizzare il lavoro degli uffici, il che significa che il tema era abbastanza sentito anche pre-crisi; spesso però i metodi utilizzati assomigliavano troppo a quelli di miglioramento della produzione (le 5S “estetiche” per esempio), ed erano guidati dalle stesse volonterose persone che spesso non sapevano spiegarsi i pochi risultati ottenuti ed il grande malcontento generato tra le persone. Come fare a parlare di processi in un ufficio allora?

Dobbiamo tornare a zero e dimenticare per un attimo l’esperienza produttiva cara a molti appassionati di lean/kaizen. Prendendo ad esempio l’Operatinig Model Canvas visualizziamo le aree di intervento nello schema sottostante.

 

 

Possiamo suggerire una roadmap in 3 step:

  1. “Dare un nome” ai processi e misurarli con KPI (indicatori) semplici
  2. Pianificare visivamente il lavoro di tutti
  3. Costruire una routine quotidiana per gestire le anomalie e risolvere i problemi (daily kaizen)

  

Inizialmente la organizzazione ed i sistemi informativi sono invariati (purchè siano già abilitanti del lavoro efficiente da remoto). L’obiettivo primario di questa roadmap è smettere di lavorare per emergenze (“oggi vediamo cosa succede in ufficio”) e costruire una routine, ancora più capace di rispondere velocemente alle emergenze. Una volta che esiste una routine solida, diventare smart è più semplice.

Come abbiamo visto il driver principale della trasformazione non è mai percepito nella tecnologia ma nella organizzazione del lavoro e nei sistemi di gestione.

Dal punto di vista della tecnologia è importante semplificare, utilizzando una sola piattaforma, qualunque essa sia (Teams, Zoom, ….) possibilmente attiva su smartphone, tablet e computer ed accessibile a fornitori e clienti. Un’altra componente importante per il funzionamento dei team remoti è soddisfare il fabbisogno di condivisione delle informazioni e delle decisioni. Spesso stare in ufficio consentiva di “sentire” problemi, decisioni dalle conversazioni indirette nello spazio comune. Da remoto questo è impossibile, occorre quindi riprogettare lo spazio delle informazioni condivise e metterle tutti in unico luogo. Dal punto di vista organizzativo, la trasparenza sulle informazioni diventa la regola e la segregazione invece diventa  la eccezione riservata a pochi dati sensibili.   

I nostri colleghi di Kaizen Institute Canada ci segnalano alcune risorse utili per favorire l’organizzazione di manager e collaboratori, messe a disposizione dal governo Canadese, molto attivo nel favorire i processi smart ed altrettanto attento al benessere delle proprie persone. Qui a fianco riportiamo un estratto delle linee guida, mentre su questa pagina potete trovare utili materiali informativi e webinar gratuiti per gestire al meglio la nuova normalità.

 

 

 

“Chi effettivamente ha avuto il tempo di organizzare i processi è arrivato a costruire un vero smart working, con risultati positivi e premiante verso le persone. Le aziende che sono dovute partire a lavorare da remoto durante la crisi hanno ovviamente ottenuto risultati diversi: potremmo definirlo quarantine working, perché spesso non è stato fatto in condizioni ottimali arrivando ad interferire con le vite delle persone” (F. Tutino)

  

Il tema dei KPI raccoglie punti di vista differenti tra i manager e gli imprenditori con cui ci siamo confrontati. Una differenza su cui riflettere è quella tra la necessità di sviluppare KPI specifici sui processi principali, come sottolineato da Alessandro Selmi (Business Operations & Payroll Director presso Randstad Italia), oppure focalizzarsi su un’intera area pilota per vedere i risultati più globali come testato positivamente da Francesco Tutino, Head of IVECO HR. Probabilmente molta differenza la fa anche il tipo di organizzazione in esame, essendo la prima un’azienda di servizi, e quindi con processi office direttamente collegati alle performance “industriali”, e la seconda un’organizzazione industriale con processi office di supporto. Entrambi comunque concordano sull’importanza dell’importanza della relazione tra manager e collaboratori, che deve essere costruita sulla responsabilità più che sul controllo. “Abbiamo dato responsabilità alle persone ed hanno risposto con responsabilità” commenta Tutino. Anche sul fronte universitario uno dei principali problemi segnalati è ricreare una routine organizzativa che permetta di allineare gli standard di prima con quelli in continuo adattamento di oggi in una ottica sistemica e complessiva.

 

La misurazione di quello che si sta facendo, diversamente rispetto al passato, diventa una nuova sfida da vincere per gestire l’operatività in ottica strategica (I. Russo)

  

Stessa esperienza portata da Laura dalla Vecchia, imprenditrice di Polidoro e vicepresidente di Confindustria Vicenza: “ho visto delle reazioni molto positive da parte delle persone che hanno gettato veramente il cuore oltre l’ostacolo, nonostante noi non fossimo pronti ed abbiamo imparato un nuovo modo di lavorare il pochi giorni”. Questa considerazione ci fa capire che sicuramente questa emergenza ha rinforzato lo spirito di squadra nelle organizzazioni, ma chi è partito a lavorare da remoto in modo forzato ha sofferto di più, pagando anche risultati più scarsi. Altro aspetto interessante segnalato in Polidoro è la forte utilità che la nuova competenza di lavoro da remoto ha per sostenere la crescita delle operations negli stabilimenti esteri. “La necessità di rendere accessibili i flussi di lavoro aiuterà fortemente i nostri colleghi che lavorano con altri fusi orari ad essere supportati centralmente, e molte attività che oggi vengono fatte solo durante i viaggi di lavoro potranno avvenire regolarmente”.

  

Questo sforzo ci ha portati a definire un modello che resterà anche dopo la crisi, soprattutto per organizzare le attività di sostegno alle nostre operations estere” (L. Dalla Vecchia)

  

La pianificazione del lavoro viene portata da tutti come un aspetto fondamentale per riuscire a organizzare lo smart working, anche qui con approcci differenti. Tutti gli intervistati condividono la necessità di concordare regole di base su giorni ed orari. L’ideale sarebbe di avere un’agenda fissa in modo da creare anche qui una routine: nei giorni in ufficio troverò sempre le stesse persone presenti e le stesse da remoto, in modo da non dover aspettare l’ultimo momento per organizzare il lavoro.

Non potendo stare in ufficio, occorre soddisfare il fabbisogno di Integrazione dei team disegnando la struttura di Daily Flash Meeting tipica del Daily KAIZEN™ e di Meeting “asincroni” tra i soli attori di un processo o di un problem solving.

Anche gli orari di lavoro sono un tema dibattuto. Laura Lembi Country HR Head Italy di Continental Corporation ha dato una forte spinta alla sua organizzazione sul lavoro per risultati, verificando anche una grande fiducia dei manager nelle potenzialità dello strumento. Della stessa opinione anche Alessandro Selmi, che punta molto sulla capacità di portare risultati senza focalizzarsi troppo sull’orario, avendo osservato che nei suoi processi una consistente parte del lavoro può essere svolta dai collaboratori in autonomia, dopo un confronto iniziale. Spesso però la disponibilità e la possibilità di connettersi sono necessarie per garantire la risposta a colleghi impegnati su altri fronti: va dunque trovato nel tempo un bilanciamento tra organizzazione e flessibilità. Proprio sul fronte dell’organizzazione personale c’è un’interessante riflessione da parte di Alessandro Selmi che sostiene la necessità di mettere a punto nuovi strumenti di welfare per riuscire a sostenere l’attività dei collaboratori in remoto, senza generare inefficienze e squilibri familiari. Anche Laura dalla Vecchia, che oltre ad essere imprenditrice ricopre un importante ruolo in Confindustria, è molto sensibile sul tema ed ha più volte sollecitato la necessità di trovare soluzioni sostenibili, mettendo pubblicamente a disposizione la sua organizzazione per testarle.

 

“Dobbiamo trovare nuovi strumenti di welfare per supportare le persone del nostro team e rendere sempre più agevole lo smart working” (A. Selmi)

  

Nel passato abbiamo forse abusato della parola rivoluzione, utilizzandola per descrivere alcuni cambiamenti localizzati, ben lungi dall’essere un “mutamento radicale di un ordine statuale e sociale, nei suoi aspetti economici e politici” come dovrebbe essere interpretato il termine stesso secondo il Dizionario Treccani. Oggi ne viviamo una vera: le agende politiche di tutto il mondo si si sono allineate sugli stessi problemi, e le abitudini di miliardi di persone sono radicalmente cambiate in pochi giorni per un periodo prolungato. Riprendendo l’incipit di questo articolo dobbiamo vincerla, e intorno a noi abbiamo già molti esempi positivi. Adesso è il momento di passare da problema a sistema per raccogliere e diffondere in modo strutturato le best practice, in un periodo in cui il mondo guarda all’Italia come al primo paese occidentale ad aver superato la crisi. Il prossimo articolo riguarderà la trasformazione degli spazi nelle organizzazioni, il prossimo cambiamento profondo del 2020.

 

 

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